Al Teatro Massimo di Palermo, prima di ogni opera racconto le grandi storie dei libretti. In queste storie le donne spesso vengono uccise o muoiono malamente, qui tenterò di dare voce a quelle donne…
ecco la terza storia che vi propongo , sono alcune osservazioni in forma teatrale che hanno chiuso il racconto che ho fatto de La Bohème il 5/12/18 per Vi racconto l’opera al Teatro Massimo di Palermo.
Difficile decidere tra queste due donne giganti, due donne da nulla , una che sta chiusa nella sua stanzetta a fare fiori e una che fa la prostituta.
Due donne incise nella nostra anima.
Musetta
Non ne ho idea. L’ho fatto e basta. No? Cosa aspetti che ti dica?
Mimì
Che significa, lo hai fatto e basta? Non mi pare una risposta.
Ci sarà un motivo e non me lo vuoi dire.
Musetta
Non posso averlo fatto e basta?
Mimì
Non mi convinci. Tu sapevi benissimo la gravità della mia malattia. Per me l’hai fatto con un tornaconto.
Non mi rispondi? Hai visto? Ho capito, vero? E infatti quando mai…
Musetta
Non ti rispondo perché mi pare inutile risponderti. Questa conversazione è del tutto inutile. Non serve a niente, tanto non mi puoi capire.
Mimì
Perché sei una santa? Perché ti sei occupata di me e hai venduto i tuoi orecchi, ti
senti una santa?
Musetta
Ti accorgi che stai dicendo tutto tu?
Facciamo così, io ti racconto la mia storia e po tu mi racconti la tua.
Mimì
Va bene sentiamo.
Musetta
Ti ricordi quando ci siamo incrociate la prima volta? Io ero con quello lì, il vecchio, ma ti ho visto. Ho visto benissimo cosa cercavi di fare. Cercavi di accaparrarti un posto al caldo. Ho visto benissimo come eri vestita ma soprattutto, ho visto benissimo i tuoi occhi da falco, no, tu non sei buona ma proprio per niente, sei sempre lì a fare la parte della morta di fame ma per me, sì, per me tu a Rodolfo l’avevi adocchiato da un pezzo e avevi pensato che potevi risolvere un po’ di cose. Poi, con un morto di fame come quello, cosa mai ti poteva risolvere?
Non è vero? Insomma, come è stato e come non é stato, poi c’è stata la botta della malattia.
Questa non te l’aspettavi, eri certa di farcela.
Ti pare che anche allora, quel giorno nella taverna, io non ti abbia visto nascosta dietro l’albero? Lì ho capito, che avevo sbagliato, eri solo una poveraccia che cercava di campare e che forse davvero si era innamorata di Rodolfo. Un morto di fame.
Lì ho visto la tua paura selvaggia. Io muoio, hai sussurrato a te stessa come se capissi solo in quel momento che la tua vita era finita, nel momento in cui quel vigliaccone di Rodolfo ti scaricava perché malata.
Allora ti ho voluto bene, allora ho pensato, ma poverina questa proprio non ce la fa. Io so quanto tutti mi credono forte. La Musetta? Può sostenere qualsiasi peso. Io ti ho regalato un po’ di gioia, insomma ti ho riportato da Rodolfo, ho venduto i miei orecchini e tu invece di essermi riconoscente, mi dici cose orribili.
Pensi che io abbia avuto un interesse. L’ho fatto e basta. Succede sai? A volte succede di fare delle cose per non fare soffrire una persona. Senza stare a pensarci su. Ma tu, tu sei troppo interessata, non mi puoi capire. E ora, poi, mi fai pure pena.
Ma che razza di discorsi stupidi faccio? Allora neanche io sono una buona persona perché aspettarsi riconoscenza è sbagliato.
O arriva o non arriva ma non ce la si può prendere con chi non è capace di dire, grazie.
Che poi, volevo essere buona? No, neanche questo volevo, volevo solo farti avere qualcosa di caldo… non ho pensato, non ho pensato era solo questo.
Poi gli altri mi hanno sussurrato, Mimì ti dovrebbe essere riconoscente…
Mimì
Che fai? Finisci di parlare e te ne vai? E la mia storia?
Musetta
Me ne vado perché sono confusa, non so.
E poi, sai che c’è? La tua storia non m’interessa più. Vuoi sapere la verità? Se tu mi avessi detto grazie, sì grazie… mi saprebbe piaciuto, ma non lo sai dire perciò questo amaro amaro rimarrà lì a marcire.
Ciao Mimì.